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VALORI OMI NON SUFFICIENTI A FONDARE LA RETTIFICA CATASTALE

08/05/2018


Ancora una pronuncia a favore del contribuente in ambito di rettifica del valore degli immobili oggetto di compravendita da parte dell’Agenzia dell’Entrate.

Ad affermare la mancata possibilità di attribuire alle quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, la portata di “elemento di prova”, ci ha pensato questa volta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9479 del 18.04.2018.

I Giudici Supremi, con la sentenza in esame, hanno ribadito alle parti in causa come: “Questa Corte, con indirizzo costante, ritiene che le quotazioni OMI, risultanti dal sito Web dell’Agenzia delle entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, sono idonee solamente a <<condurre ad indicazioni di valori di larga massima>>  (Cass. n. 25707 del 2015).

Il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI per aree edificabili nel medesimo comune non è, quindi, idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell’immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016).

Come è stato osservato, l’art. 24, comma 5, legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), ha modificato l’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 (così come l’omologo art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA), eliminando le disposizioni introdotte dall’art. 35 d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248: ciò a seguito di un parere motivato del 19 marzo 2009 della Commissione europea, la quale, nell’ambito del procedimento di infrazione n. 2007/4575, aveva rilevato l’incompatibilità, in relazione specificamente all’IVA ma con valutazione ritenuta estensibile dal legislatore nazionale anche alle imposte dirette, di tali disposizioni con il diritto comunitario.

E’ stato così ripristinato il quadro normativo anteriore al luglio 2006, sopprimendo la presunzione legale (ovviamente relativa) di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, con la conseguenza che tutto è tornato ad essere rimesso alla valutazione del giudice, il quale può, in generale, desumere l’esistenza di attività non dichiarate <<anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti>>: e ciò, deve intendersi, con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto comunitario che ha spinto il legislatore nazionale del 2009 ad intervenire (v. Cass. 21/12/2016, n. 26487; Cass. 26.9.2014, n. 20419; cfr. anche circ. Agenzia entrate 14 aprile 2010, n. 18).”

Di rilevo le conseguenze pratiche della sentenza: i valori OMI sono da considerarsi al massimo come semplici indizi dai quali desumere l’eventuale occultamento di materia imponibile attraverso l’indicazione nel rogito di compravendita di un valore dissimile da quello reale, ma,  in alcun caso, elementi di prova idonei  e sufficienti, da soli, a fondare la rettifica dell’ufficio.

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