avvisi di accertamento

AVVISO D’ACCERTAMENTO - LA DELEGA A FIRMARE L’ATTO DEVE ESSERE ESIBITA NEI TERMINI DI LEGGE

06/02/2015


Di pochi mesi fa un’interessantissima pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Potenza (n. 122/02/15, depositata il 06.02.2015), che ha lasciato, sicuramente, con l’amaro in bocca i malcapitati difensori dell’Agenzia delle Entrate.

La vicenda trae origine da un avviso d’accertamento nei confronti di un professionista al quale veniva contestata la mancata fatturazione di pratiche catastali, ragion per cui, venivano recuperati a tassazione i presunti maggiori compensi non dichiarati, pari ad € 9.000.

Il contribuente ricorreva avverso l’atto, eccependo, in via pregiudiziale, la nullità dell’avviso di accertamento in conseguenza dell’omessa sottoscrizione dello stesso da parte del Direttore Provinciale, o, alternativamente, in conseguenza dell’assenza di prova circa l’eventuale esistenza di un valido provvedimento di delega a sottoscrivere l’atto.

L’Ufficio, nel costituirsi in giudizio, controdeduceva su tutti i motivi, ivi compreso quello attinente alla valida sottoscrizione dell’atto, non ottemperando, però, all’obbligo di dimostrare alla parte ricorrente, mediante l’esibizione del documento, che il soggetto firmatario dell’atto fosse stato delegato a tal uopo in virtù di un valido e regolare provvedimento.

All’udienza di discussione, il difensore del contribuente insisteva per l’annullamento dell’atto in conseguenza della violazione, da parte dell’Ufficio, dell’art. 42  del D.P.R. n. 600/73, il quale, statuisce, espressamente, che “L’avviso d’accertamento deve essere sottoscritto dal Direttore Provinciale o da un altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”, pena la nullità dello stesso.

Nella speranza di un eventuale salvataggio in zona cesarini, il rappresentante dell’Agenzia delle Entrate, in maniera molto discreta, concludeva la sua requisitoria con l’esibizione del documento comprovante il potere di firma da parte del funzionario incaricato.

A tal proposito controbatteva il ricorrente eccependo l’inammissibilità del documento in quanto prodotto oltre i termini previsti dalla norma che disciplina la produzione dei documenti nel processo tributario.

Ebbene, i Giudici lucani, dopo un vario excursus sulle sentenze che hanno sancito l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di esibire, in caso di contestazione da parte del contribuente, la delega abilitante il funzionario dirigente a sottoscrivere l’atto, non hanno potuto che condividere l’eccezione mossa del difensore del contribuente.

Si ricorda, infatti, che l’art. 32 del D. Lgs. n. 546/92, stabilisce, espressamente, che nel processo tributario “i documenti possono essere prodotti fino a 20 giorni dall’udienza di discussione.”, pertanto, la delega prodotta solo in udienza deve ritenersi inammissibile, in quanto tardiva.

Sanzionato duramente il comportamento superficiale dell’Ufficio da parte della Commissione provinciale potentina, la quale oltre ad annullare l’avviso di accertamento ha condannato l’Amministrazione finanziaria alla refusione delle spese di lite liquidate in € 1.500.

La sentenza in rassegna appare molto importante per due ordini di ragioni.

Punto primo, perché dimostra, finalmente, il diverso atteggiamento dei Giudici tributari sui comportamenti poco leali, processualmente parlando, dell’Amministrazione finanziaria, i quali, fino a poco tempo fa difficilmente subivano lo spettro di una probabile condanna alle spese processuali.

Oltretutto, un simile atteggiamento costituisce il preludio all’apertura verso la tanto invocata parità delle armi e il conseguente “giusto processo tributario”, dove il Giudice non è più l’alleato di una delle parti, ma un organo terzo ed imparziale,così come impone la Costituzione.

In secondo luogo, meritevole di pregio è anche il rilievo attinente alla corretta e puntuale applicazione delle disposizioni di legge in un processo, come quello tributario, che da anni attende la sua “vera” consacrazione, ma che non può ancora essere paragonato, in termini di garanzie, agli altri riti presenti nel nostro sistema di giustizia.

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