avvisi di accertamento

BONIFICO DA GENITORE A FIGLIO: REDDITO TASSABILE SINO A PROVA CONTRARIA

28/11/2021


I movimenti bancari possono essere utilizzati quali prove presuntive di maggiori ricavi o operazioni imponibili, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973 sia per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare il reddito da essa ricavato, incombendo al contribuente l’onere di provare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (Cass. 28.2.2017, n. 5135; Cass. 5.5.2017, n. 11102)”.

E’ questo il principio di diritto espresso dai Giudici della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con la sentenza n. 773 del 06.10.2021 hanno confermato quanto già statuito dai surrogati decidenti provinciali, in piena aderenza ad un orientamento giurisprudenziale di legittimità pressoché univoco.

IL CASO

Il caso in esame ha visto una contribuente proporre appello avverso la sentenza della CTP di Torino, dolendosi del mancato riconoscimento delle giustificazioni da essa addotte in relazione ad un bonifico di € 152.000,00 ricevuto dal padre.

In primo grado, la ricorrente aveva impugnato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate procedeva ad accertare a suo carico - ex art. 38, commi 1 e 2, D.P.R. n. 600 del 1973 - un maggior reddito imponibile ai fini IRPEF, con contestuale irrogazione delle sanzioni concernenti l’omessa dichiarazione dello stesso.

Ad avviso dell’Ufficio, infatti, alcune operazioni riguardanti l’accredito di somme di denaro in favore della contribuente sarebbero apparse totalmente ingiustificate, al punto tale da far scattare - in capo alla stessa - la presunzione legale dell’esistenza di maggior redditi occultati al fisco.

La CTP di Torino accoglieva parzialmente la domanda di parte ricorrente, rigettandola, per contro, in riferimento al sostanzioso bonifico effettuato dal padre dal conto corrente intestato al fratello.

Nel proporre appello, la contribuente eccepiva sostanzialmente come i movimenti contestati fossero, in realtà, da ricondurre a talune somme restituite dal padre, a fronte di vecchi prestiti erogatigli negli anni addietro per determinati investimenti effettuati da quest’ultimo.

Non solo.

Sempre la contribuente faceva, inoltre, presente nelle sue difese che laddove la Commissione non avesse voluto ritenere provata la ricostruzione dei fatti come sopra esposta, la stessa avrebbe dovuto, ad ogni modo, considerare il bonifico di € 152.000 quale atto di liberalità del padre verso la figlia, come tale indenne da qualsiasi forma di tassazione.

LA DECISIONE

I Giudici regionali piemontesi, non ravvisando un’adeguata prova documentale rispetto a quanto affermato dall’appellante, hanno ritenuto il gravame non meritevole di accoglimento.

Ad avviso degli stessi, infatti, la contribuente non era riuscita a fornire alcun elemento probatorio dal quale desumere, per l’appunto, che la somma oggetto di contestazione fosse stata in precedenza trasmessa al padre per potenziali investimenti, né, tanto meno, che i successivi bonifici effettuati da quest’ultimo in suo favore (ivi compreso quello oggetto di causa) avessero come esplicita causale la restituzione della medesima.

Quanto, infine, alla concreta possibilità - sollevata dalla ricorrente - di inquadrare la somma “incriminata” quale atto di liberalità (ipotesi già esclusa dalla CTP), il Collegio del gravame ha ritenuto non meritevole di pregio la tesi come appena esposta.

Ciò, sia perché a parere dei decidenti era stata la stessa appellante a fornire una diversa spiegazione dei rapporti intercorsi tra i soggetti, sia perché risultava pacifico in fatto che il bonifico recasse come causale l’indicazione formale di “restituzione”, evidentemente del tutto incompatibile con la qualificazione di atto di liberalità.

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