11/10/2017
E’ questo l’obiter dictum consegnatoci dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 23887/17, depositata l’11 ottobre scorso.
La questione giunta all’esame del massimo consesso riguardava il caso di un contribuente che dovendo impugnare una cartella di pagamento per tributi erariali scelse di notificare il ricorso tributario con il tramite del servizio postale privato.
Acclarata l’inammissibilità del gravame, sia in commissione provinciale che in quella regionale, il cittadino decide di ricorrere in Cassazione al fine di denunciare il vizio di illegittimità della sentenza di seconde cure, nella parte in cui conferma, appunto, la declaratoria d’inammissibilità resa dal primo Giudice, per essersi avvalso il contribuente, al fine della notifica del ricorso introduttivo del giudizio, del servizio di posta gestito da un licenziatario privato piuttosto che del Servizio postale universale, fornito da Poste Italiane.
Dopo un breve excursus sui fatti propedeutici all’approdo in Cassazione, gli Ermellini dichiarano inammissibile il motivo addotto dal contribuente a sostegno del ricorso, con ciò confermando il verdetto fuoriuscito dal giudizio di secondo grado.
La decisione in rassegna assume connotati molto interessanti, in quanto la Suprema Corte, nel rigettare la doglianza relativa alla possibile legittimità della notifica a mezzo posta privata, fissa dei paletti invalicabili che rappresenteranno, quasi sicuramente, la bussola orientativa per tutti i giudizi pendenti, ad oggi, sulla medesima questione.
A tenore della stessa, infatti:
In definitiva, appare quindi evidente come non possano che ritenersi inesistenti tutte le notifiche di atti tributari, sostanziali e processuali, che, sino ad oggi, sono state messe in atto con il tramite del servizio postale privato.
Allo stesso modo saranno, tuttavia, considerate quelle che continueranno ad essere “praticate” d’ora in avanti, sino a quando, appunto, come ricordato poc’anzi, non saranno rilasciate le nuove licenze individuali relative allo svolgimento dei servizi già oggetto di riserva, sulla base delle regole da predisporsi da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).