cartelle esattoriali

PRESCRIZIONE QUINQUENNALE ANCHE PER IVA, IRPEF ED IRES

11/03/2020


Al momento della ricezione di una Cartella esattoriale, come di un qualunque altro atto della riscossione (Intimazione di pagamento, Comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, Preavviso di fermo, ecc.), uno dei primi aspetti sui quali il contribuente dovrà soffermarsi riguarda la verifica del tempo trascorso fra il momento in cui è sorto il diritto di credito da parte del singolo Ente impositore (Fisco, Inps, ecc.) e la data in cui si realizza il perfezionamento del procedimento notificatorio dell’atto ricevuto.

Ciò, anche nell’ipotesi in cui - come accade sovente - il provvedimento che riceviamo non rappresenti il primo atto mediante il quale ci viene intimato il pagamento di un nostro debito tributario.

La ratio della verifica sopra richiamata sottende all’esigenza di poterci accertare che l’ente che provvede alla notifica dell’atto nei nostri confronti, abbia rispettato i tempi stabiliti dal Legislatore per esercitare, appunto, il diritto alla riscossione di quel determinato credito, nel nostro caso: Imposta, Tassa o Contributo.

E’ opportuno ricordare, infatti, che anche il diritto alla riscossione delle somme vantate dallo Stato - al pari di qualsiasi altro diritto riconosciuto dalla normativa vigente - è soggetto a termini prescrizionali, decorsi i quali, lo stesso si “estingue” a causa dell’inerzia da parte del soggetto che aveva interesse ad esercitarlo.

Uno dei maggiori dubbi che attanaglia in modo particolare il contribuente, o, per esso, il professionista (Difensore Tributario) chiamato ad assisterlo e difenderlo, è rappresentato dalla corretta delimitazione del temine prescrizionale entro cui, l’Erario, “deve” esercitare il diritto alla riscossione dei crediti erariali, vale a dire, delle somme relative ad omessi versamenti di Iva, Irpef, Ires ed Irap.

Sul punto, infatti, esistono orientamenti giurisprudenziali e dottrinali contrastanti, divisi fra chi sostiene che il temine debba essere:

  • decennale, in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non potrebbe configurarsi come una prestazione “periodica”, ex art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ.

e chi sostiene che lo stesso, invece, non possa che ritenersi:

  •  quinquennale, dovendo la prescrizione ricondursi, nell’ambito delle obbligazioni periodiche, alla specificità del singolo tributo in questione (Tassa Automobilistica, TRIENNALE - Iva, Irpef ed Ires, QUINQUENNALE).

Una prima ed importante risoluzione alla problematica dinanzi illustrata ci è pervenuta dalle Sezioni Unite, con la nota pronuncia n. 23397/2016, per mezzo della quale il Massimo Consesso ha avuto modo di sigillare la teoria che avallerebbe il termine quinquennale, precisando che tutte le pretese della Pubblica Amministrazione (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, ecc.) si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, eccetto i casi in cui la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo.

Per la Corte Suprema, dunque, solo in questa residuale ipotesi (sussistenza del credito accertata con sentenza passata in giudicato) si realizzerebbe la c.d. conversione del termine “breve” in quello “ordinario” decennale.

In tutti gli altri casi, come quelli di cartella esattoriale e/o avviso di addebito non opposti, il termine - entro cui esercitare il diritto alla riscossione delle pretese tributarie - rimane quinquennale.

A far eco ai Decidenti di legittimità, sono intervenuti negli ultimi tempi i Giudici delle Commissioni Tributarie di diversi capoluoghi d’Italia.

A mero titolo esemplificativo e non esaustivo, si riportano gli estratti di alcune recenti decisioni in tal senso:

CTR LAZIO - SENTENZA N. 5382/2019

Al contrario per quanto concerne la prescrizione decorrente dalla notifica della cartella in poi, codesta Commissione ritiene di uniformarsi a quanto affermato dalla Cassazione a sezioni unite con sentenza numero 23397 del 2016, secondo la quale la prescrizione dei tributi non è decennale ma quella prevista per il tributo stesso e pertanto triennale o quinquennale a seconda del tributo. Tutti i tributi portati nelle cartelle di cui è causa si prescrivono in cinque anni (IRPEF,ICl,Canone Rai) ad eccezione delle somme dovute per spese giudiziali che si prescrivono, come le sentenze passate in giudicato, in 10 anni.”.

CTP CATANZARO - SENTENZA N. 1774/2019

La prescrizione quinquennale è giustificata da un ragionevole principio di equità, che vuole che il debitore venga sottratto all’obbligo di corrispondere quanto dovrebbe per prestazioni già scadute tutte le volte che queste non siano state tempestivamente richieste del creditore. Infatti, mentre con la nota ordinanza n. 20213/15 la S.C. aveva affermato che la prescrizione quinquennale operava laddove il titolo esecutivo fosse costituito dalla sola cartella esattoriale dell’Ente della Riscossione, sicché nelle altre ipotesi di sussistenza del credito erariale (ad esempio, la notifica dell’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate) avrebbe dovuto essere introdotta la prescrizione decennale, il nuovo orientamento ha esteso i margini difensivi del cittadino, il quale potrà chiedere al giudice l’estinzione del credito statale per intervenuta prescrizione breve, non soltanto nei casi di notifica di cartella esattiva (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e/o ter), bensì anche nelle fattispecie riguardanti qualsiasi atto amministrativo di natura accertativa (avvisi di accertamento, avvisi di addebito, ecc .. ) (cfr. Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018 n.30362).”.

CTP VARESE - SENTENZA N. 390/2017

La Commissione con riferimento all’eccezione di prescrizione del credito tributario, tenuto presento l’orientamento della Suprema Corte ed in particolare la sentenza nr. 23397/16 delle Sezioni Unite, ritiene che il credito iscritto a ruolo si prescriva nel termine “breve” di cinque anni dalla notifica della cartella esattoriale, a meno che la sussistenza del credito non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato e con decreto ingiuntivo esecutivo.
Al principio sopra enunciato la Suprema Corte attribuisce valenza generale e quindi applicabile con riguardo a tutti gli atti comunque denominati di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli Enti previdenziali ovvero di crediti relativi alle entrate dello Stato, tributarie ed extra tributarie, nonché delle sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie o amministrative.
L’eccezione di prescrizione sollevata dalla ricorrente deve quindi essere accolta.
”.

CTP CALTANISSETTA - SENTENZA N. 865/01/2017

Ed invero, come ritenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi, osserva la Commissione che le pretese erariali si prescrivono nel termine breve di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito sia stata accertata con sentenza passata in giudicato od a mezzo di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale.”.

CTP MILANO - SENTENZA N. 6797/11/2017

Segnatamente, gli atti prodromici sono costituiti da una cartella di pagamento, emessa in materia IRPEF per l’anno 2002 e da un’altra cartella esattoriale, relativa a crediti IRPEF, IRAP ED IVA, per l’anno 2003. L’Ufficio ha versato in atti la prova della notificazione di entrambe le cartelle, occorsa, rispettivamente, in data 15 febbraio 2007, per quanto concerne la cartella riferita all’anno 2002 e in data 04 giugno 2007 per la cartella relativa all’annualità 2003. Tali date segnano, dunque, il dies a quo di decorrenza dei rispettivi termini prescrizionali dei crediti tributari in parola, Sul punto, trattandosi di tributi periodici, trova applicazione il termine prescrizionale quinquennale, ex art. 2948, n. 4, c.c.”.

CTP PRATO - SENTENZA N. 38/2017

Il ricorso risulta fondato per la prescrizione di tutte le pretese tributarie, sanzioni ed interessi compresi; anche per i crediti IVA, IRPEF e altri tributi erariali la prescrizione per questa Commissione risulta di anni 5, come emerge da Cass. Sez. Un., Sentenza n. 23397 del 17/11/2016, Rv. 641632 - 01, vedi anche CTP di Reggio Calabria n. 2634/2014.
Risulterebbe irrazionale un sistema con prescrizioni di 5 anni per tributi locali e sanzioni (per le sanzioni, per i diritti camerali, vedi d. M. 27 gennaio 2005, n. 54, art. 10), e di 10 anni per i tributi erariali, IRPEF, IVA e altro.
Tutti i tributi, in oggetto, hanno adempimenti (scadenze) annuali, e quindi ex art. 2948, n. 4 cod. civ. la prescrizione è di 5 anni. Sostenere (vedi Cass. 13080/2011) che ‘’ … la prestazione tributaria attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi … “ non risulta ragionevole ed è palesemente illogico, poiché ciò che muta, anno per
anno, non è il dovere della prestazione, ma la misura, l’entità il quantum, da pagare - sempre anno per anno - .

Pertanto anche i tributi erariali sono pienamente disciplinati nell’art. 2948, n. 4 cod. civ.
Il sistema in questo modo risulta più razionale, e solo gli obblighi derivanti da sentenza si prescrivono in 10 anni.
”.

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