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L’adesione alla voluntary da diritto al rimborso dell’euroritenuta

12/01/2018


A tali conclusioni è giunta la Commissione tributaria di Milano, con tre sentenze gemelle (nn. 19 – 20 – 21), depositate lo scorso 9 gennaio.

Il caso in questione riguarda un contribuente che avendo aderito alla procedura di collaborazione volontaria per l’emersione dei capitali detenuti all’estero, c.d. voluntary disclosure, con relativo versamento di imposte e sanzioni, aveva avanzato, in seguito, richiesta di rimborso all’Agenzia delle entrate per la ripetizione di quanto versato in Svizzera a titolo di euroritenuta.

Ricordiamo che la “Euroritenuta”, introdotta e disciplinata dalla direttiva 2003/48/CE del 3 giugno 2003 (attuata in Italia con il d. lgs. 18 aprile 2005, n. 84), è una trattenuta alla fonte operata da alcuni Stati, quale ad esempio, la Svizzera, sui pagamenti effettuati a favore di soggetti residenti in altro Stato europeo.

Prelievo, lo stesso, che concerne gli interessi relativi ad attività detenute in quegli Stati dell’Unione (tra cui la Svizzera), che non hanno acconsentito a comunicare in automatico agli altri Stati membri ove hanno residenza i cittadini stranieri investitori.

Proprio in virtù di ciò, il contribuente italiano, invocando l’applicazione dell’art. 10 del d. lgs. 18 aprile 2005, n. 84, il quale riconosce un credito d’imposta al beneficiario effettivo residente nello Stato quando sia stata prelevata alla fonte l’euroritenuta, procedeva con la richiesta di rimborso di quanto già pagato sulle stesse somme oggetto di “emersione” nello Stato svizzero, non essendo ad esso applicabile la disciplina di cui all’art. 165 del TUIR.

Ciò, anche e soprattutto, in ossequio al divieto di doppia imposizione.

L’amministrazione finanziaria, ritenendo inesistente il presupposto per il rimborso dell’imposta, esprimeva un silenzio – rifiuto avverso l’istanza depositata dal contribuente, con ciò di fatto, dando il via a quella che sarebbe stata la controversia decisa con la sentenza oggetto del presente commento.

Chiamata a giudicare sulla legittimità della doglianza sollevata dal ricorrente, la CTP di Milano ha accolto il ricorso, avendo cura di precisare che: “Deve applicarsi al caso di specie quanto previsto dall'art. 10 d. l.vo 84/2005; tale norma prevede espressamente il divieto di doppia imposizione sui medesimi redditi tassati in Stati diversi, stabilendo che < Allo scopo di eliminare la doppia imposizione che potrebbe derivare dall'applicazione della ritenuta alla fonte di cui all'art. 11 della direttiva 2003/48/CE, se gli interessi percepiti dal beneficiario effettivo residente nello Stato sono stati assoggettati alla suddetta ritenuta, è riconosciuto al beneficiario effettivo medesimo un credito d'imposta determinato ai sensi dell'art. 165 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Se l'importo della ritenuta di cui al comma 1 è superiore all'ammontare del credito d'imposta determinato ai sensi dell'art. 165 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero nel caso in cui non sia applicabile il citato art. 165, il beneficiario effettivo può richiedere il rimborso, rispettivamente, dell'eccedenza o dell'intera ritenuta....>. L'art. 165 TUIR  non può invece trovare applicazione perché concerne il diverso caso di redditi prodotti all'estero e da dichiarare nelle dichiarazioni presentate in Italia; i redditi da strumenti finanziari sono invece generalmente assoggettati ad imposte sostitutive o ritenute, che non vengono indicate in ulteriori dichiarazioni.

Sempre a parere dei Giudici meneghini, pertanto, “Il (...) ha pagato le euroritenute in Svizzera e le imposte in Italia a seguito della procedura di collaborazione volontaria, così essendo soggetto proprio a quella doppia imposizione, vietata dalla direttiva 2003/48/CE e dall'art. 10 d. l.vo 84/2005, la sua istanza dì rimborso è dunque legittima ed il ricorso presentato deve pertanto essere accolto.

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