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Pubblica Amministrazione – Vietati i pagamenti a favore di imprese con debiti superiori ad € 5.000

08/02/2018


Ai sensi dell’art. 48-bis del D.P.R. n. 602/73 – nella sua versione ante Finanziaria 2018 - le Pubbliche Amministrazioni, così come le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, pagamenti di importi superiori a 10.000 euro, hanno l’obbligo di verificare “se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.”

Abbiamo consapevolmente sottolineato la dicitura “nella sua versione ante Finanziaria 2018”, proprio per segnalare che la recentissima Legge di Bilancio, con l’articolo 1, comma 986, ha modificato il tetto al di sotto del quale la P.A., prima di procedere al pagamento di qualsiasi somma (fatta eccezione per determinate categorie di indennità che in seguito vedremo) a favore di imprese fornitrici, avrebbe l’obbligo di verificare che il suo creditore non abbia debiti a ruolo “scaduti”, riducendo la soglia ad € 5.000 in luogo del vecchio importo di € 10.000.

Tale modifica – che  entrerà in vigore a partire dal prossimo 1 marzo 2018 - inibirà agli enti pubblici di procedere, in maniera tempestiva, al pagamento delle fatture dei propri fornitori, ogni qual volta le stesse siano di importo superiore, ripetiamo ancora una volta, ad € 5.000.

Ciò significa, che in tali casi, l’ufficio di ragioneria dell’amministrazione pubblica, dovrà, preventivamente:

  1. Verificare, con interrogazione telematica rivolta ad Agenzia Entrate – Riscossione, la sussistenza di cause di morosità nei confronti del beneficiario, vale a dire, che il suo creditore non abbia cartelle di pagamento scadute per un importo pari o superiore ad € 5.000;
  2. Attendere cinque giorni dall’invio dell’interrogazione, con la duplice conseguenza che, se entro tale termine non giunge nessuna risposta, il pagamento può avvenire, mentre, se al contrario, l’agente della riscossione comunica l’esistenza della morosità, il pagamento (almeno per la quota pari al debito scaduto) dovrà essere sospeso per un periodo pari a 60 giorni (e non più 30, come prevedeva la vecchia disciplina), proprio al fine di consentire a quest’ultimo di procedere al pignoramento presso terzi nei confronti dell’ente pubblico debitore dell’impresa fornitrice.

L’eventuale eccedenza, invece, potrà essere liberamente corrisposta al beneficiario.

Se nel temine di 60 giorni, l’agente della riscossione non notifica alcun atto di pignoramento, l’importo si considererà libero da vincoli e l’ente pubblico potrà liberamente pagare l’intera somma al suo fornitore.

Con riferimento a ciò, è opportuno sottolineare, infine, come non rientrano nel campo di applicazione della normativa in questione tutti quei pagamenti che la pubblica amministrazione è tenuta a fare ad altro titolo, quali, ad esempio, il rimborso di tributi, il pagamento di contributi o spese sanitarie, le somme dovute a titolo di risarcimento danni, ecc.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto, è doveroso rammentare, quindi, come sia buona regola, per tutti i soggetti che hanno rapporti con la pubblica amministrazione, quella di verificare sempre la propria posizione debitoria con l’agenzia delle entrate - riscossione, ciò, a maggior ragione, quando si è in attesa di un pagamento da parte dell’ente pubblico.

La sorpresa, infatti, per chi agisce in maniera impudente, è quella di vedersi bloccate le somme a titolo di compensazione per i debiti tributari non ancora saldati!

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