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TASSA RIFIUTI: ILLEGITTIMA LA DIFFERENZA DI TARIFFE FRA ALBERGHI E CIVILI ABITAZIONI

01/10/2019


La Commissione Tributaria provinciale di Taranto, con una sentenza “controcorrente” (n. 1350), depositata il 18 luglio scorso, ha avuto modo di affermare alcune considerazioni sulla questione riguardante le tariffe TARI adottabili per la categoria degli alberghi, ritenendo, a tal proposito, illegittima l’applicazione a questi ultimi di una tariffa maggiore rispetto a quella prevista per le civili abitazioni.

La vicenda in esame traeva origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Taranto (per omesso versamento della Tassa sui rifiuti), laddove si denunciava la nullità dello stesso in conseguenza del fatto che – a parere del ricorrente – era del tutto irragionevole ritenere applicabile all’albergo, nella sua interezza, una tariffa estremamente superiore rispetto a quella che il Regolamento prevedeva per le civili abitazioni.

E’ utile ricordare che la TARSU (Tassa sui rifiuti solidi urbani – poi sostituita dalla TARI) è stata introdotta nel nostro ordinamento con il D. Lgs. n. 507/93, che all’art. 68 prevede testualmente come:

“1. Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: 

  1. La classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; 
  2.  L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:                                                                                                                                                                                                                             - c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri;”.

Nonostante la chiarezza del dettato normativo prima esposto,  diversi sono i Comuni che purtroppo ancora oggi adottano una tariffa differenziata per gli alberghi, a prescindere  dal fatto che questi abbiano  o meno il ristorante interno.

Ciò – peraltro - nella più totale mancanza di una ragionevole ed esplicitata motivazione.

Nel caso in oggetto, il Collegio tarantino, con una lettura del dato fattuale (prima ancora che giuridico) antitetico all’attuale visione della Corte di Cassazione, ha accolto le ragioni evidenziate dalla società contribuente, licenziando le seguenti osservazioni:

“Recita la norma citata (art. 68 D. Lgs n. 507/93 ndr): l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: … locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri …;

Secondo la Cassazione, gli alberghi produrrebbero maggior rifiuti rispetto alle case perché si tratta di un dato di comune esperienza; ma francamente, non si riesce a capire donde sia desumibile questo dato, al di là della ovvia loro diversità di dimensioni, visto che, al contrario, l’albergo comprende prevalentemente camere da pernottamento, senza nemmeno uso di cucina, corridoi e disimpegni proporzionali al numero delle camere, la cui funzionalità è perfettamente simile alla stanze di una casa di abitazione, con una capacità di produzione di rifiuti addirittura inferiore, quando la struttura non disponga di cucina comune e, conseguentemente, di sala ristorante, dato che in albergo si soggiorna preminentemente di notte, considerato che molte stanze di albergo possono rimanere prive i clientela anche per lunghi periodi e, quando occupate, essere impegnate da un numero di utenti mediamente inferiore ad una famiglia di media composizione numerica.

Che vari regolamenti comunali prevedano una differenziazione tariffaria al riguardo è soltanto un dato di fatto e non un argomento dimostrativo, per cui il sillogismo non regge.”.

Sempre il Collegio conclude affermando:

Al contrario, da una lettura piena, ragionata, attenta al dato testuale ed alla ratio legis dell’art. 68 citato, emerge, inequivocabilmente, che il legislatore ha voluto assimilare, in via di massima, gli alberghi alle abitazioni. Altrimenti, quella classificazione equivalente non avrebbe senso.”.

Ordunque, dall’esame delle motivazioni fornite dai Giudici di prime cure tarantini si evince come gli stessi ritengano totalmente illogico oltreché infondato il ragionamento fatto proprio dal Collegio Supremo, posto che – a parere dei primi -  considerato l’uso e la breve permanenza degli ospiti, si potrebbe concludere che la capacità di produzione dei rifiuti di un albergo (senza ristorante e senza cucina) è addirittura e paradossalmente inferiore rispetto a quella di una civile abitazione.

Da ciò, l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato.

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