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VARIAZIONE DI RESIDENZA: DOPO QUANTI GIORNI VA RITENUTO NULLO L'ATTO SPEDITO AL VECCHIO INDIRIZZO?

01/06/2022


Accade sovente che le cartelle esattoriali e le intimazioni di pagamento, notificate dall’Agente della Riscossione, rechino pretese tributarie divenute ormai definitive, poiché oggetto di atti presupposti (rispettivamente: avvisi di accertamento e cartelle di pagamento) non impugnati nei termini di legge.

A tal proposito è opportuno sottolineare  che laddove il contribuente non abbia provveduto ad impugnare il c.d. atto “presupposto”, egli potrà contestare la cartella di pagamento (relativa ad un precedente avviso di accertamento) o l’intimazione (relativa ad una precedente cartella) solo ed esclusivamente per vizi propri o, in ultima ratio, per sopravvenute cause estintive del credito (ad es. per intervenuta prescrizione), senza tuttavia poter mettere in discussione la pretesa originaria.

Ma cosa accade se il contribuente non ha ricevuto la notifica dell’atto presupposto?

Al verificarsi dell’ipotesi appena descritta, lo stesso potrebbe contestare nel merito anche l’originaria pretesa, a patto e condizione, tuttavia, che l’Ente impositore (su cui incombe l’onere della prova) non riesca a dimostrare in giudizio l’avvenuta rituale notifica dell’atto presupposto.

Nella prassi, un caso particolare rientrante nella fattispecie testé illustrata potrebbe essere quella del contribuente che in passato si è ritrovato a variare il proprio domicilio e, nelle more di ciò, gli sia stato notificato un atto impositivo/riscossivo presso la vecchia abitazione.

In simili ipotesi, il contribuente potrebbe non aver ricevuto materialmente la notifica dell’atto ma, specularmente, l’ente impositore potrebbe, dal suo canto, ritenere perfezionata quella medesima notifica per c.d. “compiuta giacenza”.

Al verificarsi di tale diatriba, l’unico modo per poter decidere circa la fondatezza di una piuttosto che dell’altra tesi, è quello di individuare correttamente il momento in cui il contribuente ha provveduto a comunicare al proprio Comune di riferimento la variazione della residenza sino a quel momento dichiarata.

In proposito, utile rammentare che laddove l’atto notificato fosse un avviso di accertamento relativo all’omesso versamento delle imposte sui redditi, la disciplina di riferimento non la si potrà che rinvenire all’interno del D.P.R. n. 600/1973, il quale, all’art. 60, c. 3, dispone che:

Le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica o, per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, dal trentesimo giorno successivo a quello della  ricezione da parte dell’ufficio della dichiarazione prevista dagli articoli 35 e 35-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA”.

In altre parole, sino al decorso del trentesimo giorno successivo a quando è stata comunicata la variazione anagrafica, il contribuente deve tenere ben presente, da un lato, che gli enti impositori potranno ancora notificargli un atto impositivo/riscossivo presso la sua vecchia residenza, dall’altro, che il medesimo procedimento notificatorio sarà ritenuto perfettamente valido, sia nell’ipotesi in cui l’atto verrebbe materialmente ritirato dallo stesso, sia nella differente ipotesi in cui il plico notificando ritorni al mittente per compiuta giacenza.

Sarò preciso onere del contribuente, quindi, quello di verificare che in questo lasso di tempo non gli vengano inviate comunicazioni - a lui indirizzate - presso la sua ex residenza.

Ma cosa accade laddove il funzionario dell’Ufficio anagrafe tardi ad annotare l’avvenuta variazione anagrafica comunicata dal contribuente e, al contempo, l’Agenzia delle Entrate notifichi un avviso di accertamento presso il vecchio indirizzo di residenza?

Quella appena descritta è una fattispecie concreta recentemente affrontata dai Giudici della Suprema Corte: un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento relativa all’omesso adempimento delle somme risultanti un prodromico avviso di accertamento (Iva, Ires, ecc.), notificatogli giustappunto presso il vecchio luogo di residenza.

Ebbene, da una parte il contribuente ha lamentato il vizio di notifica dell’atto presupposto, atteso che la variazione di residenza era stata comunicata ben oltre i trenta giorni antecedenti la notifica dell’atto impositivo, dall’altra parte, l’Agenzia delle Entrate contro deduceva sostenendo che il perfezionamento della variazione anagrafica (ad opera del Comune) era avvenuto solo in un secondo momento.

La questione, dopo gli esiti altalenanti registrati presso le Corti di merito, è così approdata al vaglio dei Supremi Giudici, i quali hanno concluso per l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente (Cass. 22 dicembre 2021, n. 41137), così statuendo:

il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. c) prevede che la notificazione debba effettuarsi nel domicilio fiscale del destinatario, mentre il successivo comma 3 aggiunge che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo abbiano efficacia dal trentesimo giorno successivo a quello della “avvenuta variazione anagrafica”.

Secondo i Supremi Giudici, il riferimento all’avvenuta variazione deve essere inteso come coincidente con il giorno della comunicazione della variazione d’indirizzo a cura del contribuente, non potendo che essere la predetta comunicazione l’unico elemento in grado di scandire l’avvio del decorso del termine mensile, a nulla rilevando il successivo perfezionamento formale dell’iscrizione anagrafica.

Del tutto aleatoria, invece, è stata ritenuta la diversa interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, in virtù del fatto che la stessa - erroneamente - “ha collegato il decorso di un termine dilatorio ad un momento volubile e non conoscibile, sia da parte del contribuente che dall’amministrazione, qual è l’adempimento burocratico dell’annotazione della variazione anagrafica ad opera del funzionario comunale deputato a provvedervi”.


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