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ROTTAMAZIONE BIS: LA SCADENZA DEL 31 LUGLIO E LE POTENZIALI CONSEGUENZE DERIVANTI DAL MANCATO PAGAMENTO

06/08/2018


Lo scorso 31 luglio, come tutti sappiamo, è scaduto il termine per il versamento della prima (o unica) rata relativa al piano di definizione agevolata concesso ai contribuenti che ne hanno fatto apposita richiesta.

L’annuncio di una misura maggiormente favorevole, però, ha destato non poche perplessità fra coloro che, appunto, sono stati chiamati a compiere il primo atto utile ai fini del perfezionamento della c.d. “rottamazione bis” - ovvero il pagamento.

Ciò, dal momento che la nuova misura sbandierata dal governo dovrebbe recare in se benefici molto più appetibili rispetto a quelli sinora visti con gli ultimi provvedimenti pro “contribuente”, il cui risultato, almeno per il primo, non ha di certo rispettato le attese pronosticate.

Tale circostanza ha di fatto portato buona parte della platea a disertare l’appuntamento del 31 luglio, in attesa, quindi, di  trattamenti (almeno sulla carta) migliori rispetto ai precedenti.

Alla luce di tutto questo, cerchiamo di capire insieme quali sono, a questo punto, le possibili conseguenze per coloro che non hanno proceduto al pagamento della prima (o unica) rata del piano di definizione agevolata:

1) Il primo effetto è rappresentato sicuramente dal fatto che, in assenza di pagamento, la rottamazione non produce effetti e, in virtù di ciò, riprendono a decorrere i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione.

2) Sicuramente più drastico il secondo degli effetti previsti dal Legislatore, consistente nel fatto che tutte le cartelle incluse nel piano di definizione agevolata non potranno più essere rateizzate, ragion per cui, al fine di scongiurare eventuali azioni cautelari e/o esecutive, il contribuente si ritroverà a dover pagare necessariamente in un’unica soluzione l’intero importo iscritto a ruolo.

3) Per coloro che non riusciranno in questa impresa “impossibile”, si prefigurerà, purtroppo, lo spettro di una potenziale azione invasiva del proprio patrimonio  o del proprio stipendio/pensione.

A tal proposito, è nostra intenzione ricordare a chi legge quali sono, ad oggi, gli strumenti a disposizione dell’agente della riscossione per il recupero del credito affidatogli da parte degli enti impositori, stilando una sorta di scaletta gerarchica che parte dalla misura meno invasiva fino a culminare nell’azione di gran lunga più odiata da parte del contribuente italiano.

FERMO AMMINISTRATIVO DI BENI MOBILI REGISTRATIL’art. 86, D.p.r. n. 602/73, afferma chiaramente come: “Decorso inutilmente il temine di cui all’art. 50, comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri..”.

Sul punto, corre l’obbligo di ricordare, tuttavia, come il comma successivo prevede un’ipotesi di improcedibilità in tal senso, rappresentata dalla circostanza che il bene oggetto della potenziale misura cautelare sia un bene strumentale all’attività d’impresa o della professione, ponendo a carico del contribuente l’onere di fornire tale prova.

ISCRIZIONE DI IPOTECA: Come previsto dall’art. 77, D.p.r. n. 602/73, “Decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede.”.

A tal proposito, è doveroso puntualizzare che il concessionario può procedere ad iscrivere ipoteca sul bene immobile del debitore, solo a condizione che il debito di quest’ultimo sia almeno pari ad € 20.000. Inoltre, la disposizione non manca di precisare come l’agente della riscossione, prima di adottare una simile misura, debba in ogni caso notificare al contribuente una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà iscritta, appunto, l’ipoteca sul bene individuato dalle indagini catastali.

PIGNORAMENTO PRESSO TERZI: Inutile far presente come lo stesso rappresenti, senza dubbio, lo strumento maggiormente utilizzato negli ultimi tempi da parte dell’ex Equitalia.

Ciò, dal momento che si tratta della procedura più efficiente e meno dispendiosa che il concessionario della riscossione possa mettere in atto, anche in ossequio al principio di economicità che impregna l’attività della pubblica amministrazione.

Il pignoramento presso terzi, come noto a tutti, impone ad un soggetto terzo, debitore del contribuente, di corrispondere le somme che egli dovrebbe versare a quest’ultimo non più all’effettivo titolare del credito bensì a favore di Agenzia Entrate Riscossione.

La caratteristica principale della presente azione esecutiva è rappresentata sicuramente dal fatto che il contribuente, il più delle volte, viene a conoscenza di ciò che gli  è accaduto in un momento successivo al compimento dell’atto.

Non a caso molteplici sono le ipotesi di soggetti che recandosi in banca per un’operazione qualsiasi, si trovano di fronte a “macabre” scoperte.  

Con riferimento a tale tipologia di escussione, bisogna far presente, però, come attualmente la legge preveda dei limiti e delle condizioni a cui l’agente della riscossione deve necessariamente uniformarsi qualora intenda procedere.

A solo titolo esemplificativo, ricordiamo infatti che per quel che attiene allo stipendio connesso al rapporto di lavoro:

  • il pignoramento dello stipendio e di qualsiasi altra somma connessa può essere pari ad 1/10  della somma percepita dal lavoratore per retribuzioni sino ad € 2.500,00; 1/7 per stipendi sino ad € 5.000,00, ed 1/5 per retribuzioni da € 5.000,00 in su.
  • Nel caso di accredito di tali somme sul conto corrente intestato al debitore, gli obblighi del terzo pignorato non si estendono all’ultimo stipendio.

In riferimento, invece, a somme percepite a titolo di pensione, è opportuno ricordare che:

  • Il concessionario della riscossione, così come previsto dai commi 4 e 7 dell’art. 545 c.p.c., può pignorare 1/5 della somma che eccede la misura massima dell’assegno sociale, aumento della metà; vale a dire che in caso di pignoramento presso terzi operato direttamente presso l’ente pensionistico, quest’ultimo potrà limitarsi a trattenere dalla pensione un importo pari ad 1/5 della somma che eccede gli € 672,00 (misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà).

In ragione del quadro appena esposto, si raccomanda pertanto di agire con la massima prudenza qualora si sia saltato l’appuntamento del 31 luglio e la rottamazione concessa non abbia acquisito efficacia; ciò, anche e soprattutto, alla luce degli ampi poteri che il Legislatore - come abbiamo avuto modo di vedere -riconosce al soggetto incaricato della riscossione dei tributi ( e non solo..).

 

 

 

 

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